Mentre Orwell scriveva 1984, le più spietate dittature del ventesimo secolo avevano già visto la luce ed era naturale ispirarsi a loro per scrivere il romanzo distopico per eccellenza. Molto più realistico che paradossale, l’opera del giornalista inglese parlava di censura, sul presente e sul passato, come il più efficace strumento di controllo della popolazione da parte di chi detiene il potere. E proprio con la censura e con la costante alterazione delle informazioni, il Partito riusciva a manipolare anche le coscienze, non lasciando scampo che a opinioni omogenee.
La censura rappresenta, allora, una delle più grandi minacce alle democrazia, quell’attività messa in pratica dai poteri che rischia di scalfire l’integrità della libertà, intesa proprio in senso democratico. Per questo, tra i più importanti diritti dell’uomo c’è la libertà di espressione. E per questo fa tanto rumore la negazione di tale diritto, sia pure in forme apparentemente lievi.
Sancita dall’articolo 21 della Costituzione, la libertà di manifestare il proprio pensiero appartiene a tutti tramite la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. Una formulazione lungimirante che non delimita la quantità di mezzi dei quali servirsi per esprimere liberamente le proprie opinioni, conscia probabilmente dell’evoluzione tecnologica e sociale che sarebbe giunta dopo la sua enunciazione nel 1948.
A parte poche eccezioni, come le manifestazioni contrarie al buon costume o che minacciano l’ordine pubblico, il diritto di pensiero e di parola è assolutamente innegabile a cittadini, e non, della Repubblica italiana. Eppure, tra comizi politici, cortei pubblici e riunioni partitiche, qualcosa sta andando storto. Il più recente episodio di violazione di tale diritto è avvenuto l’8 giugno, in occasione di una manifestazione unitaria sul pubblico impiego. L’Unione Italiana del Lavoro ha denunciato la rimozione, da parte della Digos, di una vignetta satirica che raffigurava Salvini e Di Maio. A detta della questura lo striscione era lesivo del decoro paesaggistico e, nonostante le dichiarazioni dei Vicepremier che negano alcuna forma di censura, non si tratta del primo caso in cui l’espressione del dissenso è rinnegata.
Negli ultimi mesi è accaduto lo stesso a Napoli, Salerno e Bergamo, con striscioni di protesta contro la Lega e il governo attuale. La rimozione forzata ha coinvolto anche striscioni affissi in luoghi non aperti a tutti, come da abitazioni private ed edifici universitari. Un fenomeno che sta diventando troppo frequente per non spaventare l’ordine pubblico.
Per quanto gli esponenti del nostro governo rinneghino alcun coinvolgimento personale in operazioni di messa a tacere, quindi, appare difficile riporre fiducia nelle dichiarazioni di chi, durante i comizi elettorali, non rispetta le opinioni differenti dalle proprie e deride le proteste pacifiche. È accaduto il 3 giugno a Cremona, quando un giovane è stato percosso per aver esposto un manifesto durante un comizio elettorale di Salvini. Durante la sua pacifica protesta con la scritta Ama il prossimo tuo, il ragazzo è stato preso di mira da alcuni sostenitori del Ministro dell’Interno il quale, assistendo alla scena, ha deriso il protestante additandolo come comunista. Si tratta di un episodio estremamente indicativo non solo della linea politica che il leader del Carroccio sta perseguendo, ma anche delle scelte morali di quest’ultimo e del suo evidente disprezzo per la Costituzione.
Certo, la libertà di manifestazione del pensiero costa cara. Essa prevede il pericolo della diffusione di notizie tendenziose, di opinioni o informazioni ingannevoli che orientano l’opinione pubblica e rischiano di manipolare qualche verità. Ma accetta i rischi che corre perché solo tramite la libera circolazione del pensiero è possibile scongiurare un eccessivo controllo da parte dei poteri, dei politici e di chi aspira a muovere le fila del mondo. Per tale motivo, episodi del genere non sono ammissibili e in alcun modo giustificati dalle scuse di chi non riesce ad accettare la critica dell’opposizione.
La libertà di pensiero non discrimina alcuna opinione, non censura alcun’idea e rappresenta la libertà delle libertà. La libertà che garantisce le altre, che permette di esprimere il dissenso politico senza rischiare conseguenze giuridiche o morali e che agisce da garante per la nostra preziosa e delicata democrazia.
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