Ultima settimana disponibile per visitare la mostra dell’artista contemporaneo Banksy al MUDEC di Milano, il primo museo pubblico italiano a ospitarne una monografia. Dello street artist si sa ben poco: la sua identità è anonima e le sue opere attaccano l’ipocrisia del sistema capitalistico e si schierano sempre dalla parte dei più deboli.
I primi murales sono comparsi a Bristol, in Inghilterra. Da allora, Banksy utilizza spesso la tecnica dello stencil che consiste nella riproduzione di uno stesso disegno in serie grazie a un modello in cartone che viene poggiato e usato come stampo, l’opera poi viene realizzata con la vernice spray. Tale tecnica viene prediletta dall’artista perché economica ma soprattutto perché rapida, elemento fondamentale dato che le opere sono realizzate di notte e in luoghi dove non avrebbero il permesso di essere.
I soggetti preferiti da Banksy sono i poliziotti, le scimmie e i topi. In particolare, questi ultimi sono per lui come le lattine di Campell’s Soup per Andy Warhol, esteta con il quale presenta molte affinità: l’artista ha dichiarato infatti che i topi sono odiati e perseguitati da tutti eppure sono in grado di paralizzare un’intera civiltà e, se paragonati agli uomini, riescono a sopravvivere a un olocausto nucleare e si muovono con logica collettiva, invece che per furore individualista come per noi altri. Il celebre artista, inoltre, li utilizza anche per un’altra analogia: così come i ratti popolano cunicoli, aree degradate e abbandonate dalle metropoli moderne, così i graffitisti si muovono per marchiare muri e cancelli con i loro spray, stando bene attenti alle guardie sempre in agguato.
I suoi murales sono situati in varie parti del mondo: dalla Cisgiordania, dove ha creato l’illusione di alcuni squarci nel muro costruito per isolare i palestinesi dagli israeliani, alla Francia, dove vi è la rappresentazione di Steve Jobs nei panni di un profugo con un sacco in spalla e un vecchio Macintosh in mano. In Italia, l’unica testimonianza del passaggio dell’artista si trova a Napoli, in Piazza Gerolomini, nell’opera conosciuta come La Madonna con la pistola. Già nel 2010, Banksy aveva lasciato un suo ricordo alla città partenopea, un’interpretazione della Santa Teresa del Bernini che però fu coperta da un writer locale con un suo graffito.
L’esposizione di Milano presso il Museo delle Culture, invece, iniziata lo scorso novembre, comprende 80 capolavori tra dipinti e stampe, provenienti principalmente da collezioni private, e anche 60 copertine di vinili e cd musicali che Banksy ha disegnato nei suoi primi anni artistici. La mostra, chiamata A visual protest, è stata pensata dal MUDEC e dal suo curatore Gianni Mercurio, come una protesta visiva: un percorso attraverso il quale il museo lombardo vuole fornire a ogni tipologia di pubblico le chiavi di lettura al fine di comprendere e apprezzare i grandi temi della contemporaneità.
A visual protest è divisa in sezioni tematiche che puntano a far riflettere i curiosi. Oltre a quella dedicata ai topi, il visitatore potrà anche ammirare le opere contro la guerra, un altro dei suoi soggetti preferiti. Elicotteri infiocchettati di rosa, soldati armati che dipingono l’ideogramma della pace su un muro e una bambina che abbraccia una bomba al posto di una bambola: tutte opere che alludono a conflitti recentemente intrapresi in nome della pace e della democrazia. Solo i bambini, sembra volerci dire l’artista britannico, sono eroi ai quali affidare un messaggio di speranza, in un mondo che è preda della violenza.