L’avvicendarsi nel panorama politico italiano di nuovi partiti o movimenti espressione anche di singoli soggetti provenienti dal mondo dell’impresa, dello spettacolo e anche da figure istituzionali, è fenomeno tipico degli ultimi trent’anni, sebbene la nascita di nuove formazioni non sia esclusivo soltanto di questi tempi ma, anche, della cosiddetta Prima Repubblica, a seguito di scissioni non sempre attribuibili a motivazioni di ordine politico.
È pur vero, tuttavia, che non tutte le nuove formazioni hanno avuto la stessa significativa crescita del MoVimento facente capo al comico genovese Beppe Grillo, che con la Casaleggio ha costituito un vero e proprio partito-azienda strutturato secondo logiche apparentemente democratiche ma sostanzialmente con uno statuto che potrebbe essere quello di una qualsiasi impresa commerciale con regole precise, come se i rappresentati ne fossero dipendenti. Un MoVimento dove le vecchie appartenenze di militanti ed elettori, da Forza Italia al Partito Democratico, sono state come per incanto messe da parte, abbandonate, dove le logiche di destra e sinistra non contano più, salvo poi verificare nei fatti le differenze e le contraddizioni rispetto alle soluzioni dei problemi, fino all’abbraccio fatale dell’alleato di governo che sicuramente incarna quei valori tipici di una destra estrema e fascista sui temi caldi del momento o quelli che strategicamente si vuole che siano tali. Mai, nella storia repubblicana, al termine dei primi otto mesi di un esecutivo una formazione alleata di minoranza, secondo tutti i maggiori sondaggisti, era riuscita a fare man bassa dei voti di quella maggioritaria raggiungendo percentuali da primo partito del Paese. Una rapina a mano armata? Per niente, il tutto grazie a una strategia intelligente e per certi versi perfida di un giovane da oltre venti anni sulla scena e al governo con un maestro di quella politica degli annunci, delle promesse, delle parole a effetto che tanto fanno impazzire la parte ondivaga dell’elettorato capace di spostare i propri voti da Berlusconi a Renzi e poi ai 5 Stelle e, ancora, alla Lega di Salvini.
Una serie infinita di giravolte, il contrario di tutto, non solo di quanto promesso agli elettori, ma persino la negazione di quanto affermato pubblicamente ventiquattro ore prima pur di non disturbare il manovratore che va per i fatti suoi arrivando al punto di scrivere al maggiore quotidiano italiano dichiarando l’opposto di ciò che aveva sostenuto fino a poche ore prima tenendo all’oscuro l’alleato. Una condivisione aberrante di una strategia di blocchi, di divieti di sbarco, di sgomberi di centri con intere famiglie gettate in strada senza alcun preavviso, di una disumanità senza precedenti. E l’arbitro, come quelli tanto cari alla Juventus di Calciopoli, per incanto diventa l’agnello sacrificale, con la partecipazione anche di un commovente Toninelli, caricandosi tutte le responsabilità di decisioni che anche le pietre sanno essere del solo Ministro dell’Interno, certo che una spaccatura manderebbe a casa tutti anticipando il trionfo dell’uomo dalle decine di divise… tranne quella della Guardia di Finanza. E i 5 Stelle stanno a guardare, come il titolo di un film dal finale già scritto, scontato con una trama di quelle scritte per un cinepanettone dal finale tragico.
Dopo aver detto sempre di sì in giunta per le autorizzazioni, questa volta potrebbero dire di no tra contorte giustificazioni all’agnello sacrificale messo a disposizione, ma quanti saranno disposti a eseguire il diktat di Di Maio e Grillo? Quasi o forse tutti. Sarà la volta decisiva per quella spaccatura che potrebbe essere anticipata di qualche mese ma che elettoralmente eviterebbe un’altra possibile emorragia del MoVimento? Il Vicepremier milanese appare tranquillo, e come potrebbe non esserlo? Cosa volete che possano contare due o tre parlamentari che minacciano di lasciare i pentastellati? Ormai la linea non è dettata più dal suo capo politico, è Matteo Salvini, forte del consenso di celoduristi e smemorati compiacenti, a indicare la strada più idonea per la sua affermazione tenendo calda la temperatura sul tema migrazione e a ottenere provvedimenti a favore dei territori della Lega con una secessione di fatto nel silenzio complice dei 5 Stelle, argomento forse non chiaro ai soliti fan dell’uomo in multidivisa.