Gli sposi rimasero soli un momento, anche se udivano rumore di posate contro i piatti, e il mormorio dei ragazzi alla porta. Edward appoggiò una mano su quella di Florence e per la centesima volta della giornata disse con un filo di voce: “Ti amo”, e lei ricambiò all’istante, perché era verissimo.
Due ragazzi che hanno appena coronato il loro sogno d’amore, sposandosi davanti a una platea di amici e familiari, siedono l’uno di fronte all’altra in una stanza d’albergo pronti a trascorrere la loro prima notte di nozze. Tuttavia, l’esperienza non finisce come entrambi si aspettano. È questa la storia che narra Chesil Beach, il tredicesimo romanzo di Ian McEwan, pubblicato nel 2007 e candidato nello stesso anno al Booker Prize. Diviso in cinque grandi sezioni, il romanzo racconta del legame amoroso tra Florence, violinista in erba, ed Edward, fresco laureato in storia, in un periodo, il 1962, in cui in Inghilterra perdura la tarda morale vittoriana che impedisce ai giovani perbene di sapere qualsiasi cosa sul corpo e sul sesso. In questo clima perbenista, i due protagonisti si trovano impauriti e inconsapevoli di ciò che li aspetta durante la prima notte che trascorreranno assieme. Le loro paure, le loro insicurezze e le loro ansie prendono vita tra le pagine del romanzo, dove McEwan dimostra ancora una volta la sua capacità di entrare nella mente dei personaggi e scavare bellissime gallerie dietro di essi: un istante vissuto da Florence ed Edward diventa pretesto per l’autore per ricostruire interamente non solo la loro storia d’amore, ma anche il loro passato. Lo scrittore dona ai suoi “eroi” un background che dà una spiegazione alla loro caratterizzazione psicologica e li rende credibili e reali.
Se da un lato nel testo il tema principale è innegabilmente il sesso, non può essere negato che dall’altro tale argomento faccia parte di una riflessione più ampia che l’autore intesse sull’amore. Infatti, in Chesil Beach è come se McEwan ci invitasse a ragionare sulla sua vera natura: l’amore è connessione mentale oppure fisica? Per stare insieme basta desiderarsi platonicamente oppure è sempre necessario incontrarsi fisicamente? E, soprattutto, è davvero possibile conoscere la persona che amiamo? Attraverso il legame affettivo tra Florence ed Edward, che per quanto vicini appaiono impossibilitati a conoscersi interamente, rimandando agli amanti dal volto coperto di Magritte, si cerca di dare una risposta a queste domande, che tuttavia restano irrisolte, poiché ognuno dei due protagonisti con i suoi atteggiamenti è portatore di ideologie diverse: Florence, con la sua repulsione per il contatto fisico, diventa sostenitrice di quella visione per cui l’amore è una tela che si intesse tra due anime affini le quali, anche se non arrivano mai a toccarsi materialmente, sono indissolubilmente legate; Edward, invece, incarna tutti i giovani passionali che pensano che l’amato venga del tutto conosciuto solo quando all’unione intellettuale si unisce una completa comunione fisica. Il lettore si ritrova quindi ad accettare l’assurdità di stabilire una giusta definizione dell’eros, poiché sentimento da ognuno sentito in maniera differente a causa del proprio vissuto familiare e psicologico.
Nelle sue 135 pagine, quindi, Chesil Beach contiene più di quanto lasci vedere in superficie, racchiudendo in sé una storia collettiva – quella dei giovani inglesi vissuti prima della liberazione sessuale –, una storia personale – quella dei due protagonisti e delle loro insicurezze –, e un piccolo trattato filosofico sull’essenza inafferrabile dell’amore.