Dallo scorso 10 novembre al prossimo 10 marzo, presso l’ExtraMaxxi, lo spazio espositivo separato dalla struttura museale del Maxxi (il Museo nazionale delle arti del XXI secolo), è visitabile una mostra personale dedicata a Zerocalcare, al secolo Michele Rech dal nome di una sua tavola, Scavare fossati, nutrire coccodrilli.
Classe 1983, Zero Calcare è di certo uno degli artisti che hanno saputo portare il grande pubblico italiano alla lettura del genere delle graphic novel, in parole povere i romanzi a fumetti. Grazie soprattutto ad artisti come Gipi, Gian Alfonso Pacinotti, e lo stesso Zerocalcare, questo genere inizialmente di nicchia ha saputo guadagnarsi una fetta di mercato abbastanza importante nel mondo dell’editoria nostrana, conquistandosi la propria dignità di genere letterario, ampiamente riconosciuta da decenni all’estero. Un genere di cui Zerocalcare è uno degli esponenti più famosi senza mai fare di questa fama un vanto ma piuttosto una responsabilità. Mai banale, specchio della generazione che nasce negli anni Ottanta, in cui tutto sommato si viveva un clima di rilassatezza economica per poi attraversare con la crescita momenti di crisi politica, economica e sociale che segneranno la vita dei giovani adulti italiani di oggi con conseguente perdita di fiducia nella nazione in cui si vive, un profondo senso di smarrimento e di precarietà pratica e affettiva, una frustrazione di fondo per le ingiustizie sociali a cui quotidianamente si assiste impotenti. Come la vita di Michele Rech: la quotidianità di un trentacinquenne di Rebibbia, quartiere popolare che con il tempo è cambiato come il nostro Paese, incattivendosi con esso, e di cui Zerocalcare si è fatto spettatore e narratore.
La mostra si apre con la replica del celebre murales del Mammut, l’omaggio che l’artista ha fatto al suo quartiere nel 2014, in occasione della Fiera della piccola e media editoria Più Libri Più Liberi, sulle pareti della stazione della metropolitana. Si prosegue lungo le scale con una time line ragionata che riprende i momenti più importanti dal punto di vista personale e artistico di Zerocalcare, intrecciando la vita privata con i grandi avvenimenti italiani e mondiali che ne segneranno l’esistenza e il pensiero, uno su tutti il G8 di Genova del 2001. Vissuto in prima persona da diciassettenne, sarà considerato da Michele uno spartiacque: il suo primo fumetto per un pubblico più ampio sarà proprio un piccolo reportage realizzato per esorcizzare l’esperienza degli scontri con le forze dell’ordine.
Entrando nella sala espositiva vera e propria, ci rendiamo conto che si riprende la forma concentrica dell’Armadillo, impersonificazione della coscienza dell’autore e protagonista con lo stesso del primo libro, realizzato nel 2011, La Profezia dell’Armadillo. Accompagnato da un’ampia parete dedicata a oltre sessanta poster, disegnati nel lasso di tempo che va dagli anni 2000 a oggi, il percorso si snoda in quattro sezioni. Si parte dalla sezione Pop, più conosciuta dal grande pubblico, con tavole pubblicate nel pluripremiato blog zerocalcare.it, lavori dai libri e da riviste come Internazionale, Espresso, BestMovie. La seconda sezione è Lotta e Resistenza in cui sono raccolti lavori più collettivi, realizzati per centri sociali, spazi occupati e manifestazioni, in cui sono presenti anche storie di cronaca e di denuncia, che rispecchiano l’aspetto più politico dell’attività artistica di Zerocalcare, da sempre impegnato in difesa dei diritti dei più poveri e sfruttati. Si prosegue con Non Reportage, la parte del percorso dedicata a storie precise come il G8 di Genova del 2011 o i viaggi umanitari tra Palestina e Siria, divenuti prima una serie di reportage per Internazionale poi un libro vero e proprio, edito nel 2016 per la Bao, casa editrice che ha consacrato l’artista al grande pubblico.
Per finire con Tribù, una non sezione trasversale che riguarda in particolar modo l’adesione di Michele al punk, nello specifico alla scena straight edge che non prevede l’assunzione di alcol né droghe per non alterare la propria lucidità, di cui l’artista fa parte dalla giovane età. Qui, tra le locandine dei dischi e i lavori per i gruppi musicali, il punk ci viene presentato nella sua dimensione più vera: al di là degli eccessi e delle borchie legate al nostro immaginario, c’è una cultura che si è formata nei centri sociali e cerca di impegnarsi perseguendo i valori di uguaglianza e giustizia sociale. Che, del resto, sono i temi applicati nella vita e su carta da Michele Rech in questi diciotto anni di attività, corrispondenti ad altrettanti anni di storia italiana, di vicissitudini socio-politiche che hanno segnato tutti noi, generazione anni Ottanta, precaria nel cuore e nei fatti, figlia di questa nazione che a volte ci delude e a volte, per fortuna, ci meraviglia ancora.