Il Sindaco di Napoli, Luigi de Magistris, si candida portabandiera di un nuovo movimento popolare che unisca sotto l’unico dogma della Costituzione le forze democratiche del Paese. Chiama a raccolta la società civile, le associazioni, chiunque, insomma, condivida i precetti che hanno fatto la fortuna politica del magistrato. L’alba è di quelle importanti, di quei giorni che possono cambiare – o quantomeno indirizzare in maniera decisa – l’orientamento dello Stato italiano, sempre più affascinato dai venti di destra che spirano con forza convincente. È la vigilia delle elezioni europee e dovessero confermarsi le intenzioni di voto riportate dalle principali testate italiane, gli attori protagonisti della scena istituzionale nostrana, ossia Lega e MoVimento 5 Stelle, avrebbero strada spianata alla realizzazione del proprio disegno.
È a loro, razzisti, criminali, soliti volti della politica del privilegio, che de Magistris sbarra le porte, indicandoli come unica componente da escludere preventivamente dal progetto che si andrà a delineare: Non si deve ricostruire il collage delle fotografie già viste e sconfitte. È il luogo questo in cui l’ingresso è vietato solo a mafiosi, corrotti, corruttori, fascisti e razzisti. Fa intendere, il Primo Cittadino partenopeo, che non troverebbero posto neppure i vecchi volti di una sinistra andata fallita, onnipresenti signori di partiti che hanno deluso il proprio elettorato tanto da permettere alle forze sovraniste di farsi portavoce di quelle istanze che prima erano del socialismo, dei sindacati, delle piccole sedi cittadine.
Il piano degli arancioni, dunque, appare in rotta contraria rispetto a quanto il governo del cambiamento sta, di fatto, dimostrando di non saper fare. Dopo i tanti proclami di una nuova storia da scrivere – soprattutto dai banchi dei grillini – la realtà parla di condoni edilizi, aiuti fiscali agli evasori, alleanze improbabili, spese folli per opere dichiarate dagli stessi honesti come inutili e dannose all’ambiente e alle popolazioni coinvolte. Un voltafaccia al proprio elettorato che Luigi de Magistris vuole tramutare in consensi per sé. Al Sud, in particolare, il Sindaco di Napoli potrebbe riscuotere un successo a cui i nostalgici di una vera forza rossa non osano più sperare, delusi da chiunque abbia provato a vestirne i vessilli. Ma, a tal proposito, quali sarebbero le componenti coinvolte nel progetto demA? C’è da escludere a priori il PD – comunque non interessato a sedersi a un tavolo – che ben risponde all’identikit dei propri nemici tracciato da de Magistris. Inoltre, le controversie in Consiglio Comunale non potrebbero tradursi in una via di confronto con gli ex Ulivo. Per coerenza – ma non siamo certi di pensarla allo stesso modo del magistrato – andrebbero escluse anche le varie, innumerevoli scissioni della sinistra alternativa, da SI a Possibile, fino a MdP, oggi riunite sotto l’inconsistente bandiera di LeU. In fondo, di null’altro parliamo che dei soliti occupatori di poltrone, abilissimi modificatori di slogan, non altrettanto d’azioni concrete.
Restano dunque al vaglio quelli che, non più tardi di marzo scorso, si erano raggruppati sotto il vessillo di Potere al Popolo, salvo poi litigare non più di un mese fa, e scindere l’ennesimo atomo pseudo-comunista a cui, comunque, un discreto numero di elettori aveva deciso di dare fiducia. L’ex OPG partenopeo, infatti – oggi unico inquilino del palazzo di PAP – ha già rotto il legame con Maurizio Acerbo e Rifondazione Comunista, dimostrando l’instabilità e l’inconsistenza della proposta di sinistra in Italia. Un autogol che rischia di costare caro ai compagni e che porta ancora più voti nel già colmo bacino della maggioranza di governo.
Quella appena citata è non solo un’occasione sprecata di alternativa alla quale demA avrebbe potuto fare da guida, ma anche la triste fotografia della realtà rossa del nostro Paese. Dunque, a chi ha rivolto il Sindaco la sua lettera? Sa bene, de Magistris, che associazioni, comitati e pochi altri ribelli non fanno una piazza, non fanno un fronte comune tanto forte da pensare di imporsi sulla scena politica e attrarre i delusi da Renzi o Di Maio. Per un’Europa dei diritti e dei popoli, per fermare l’Europa dei fascismi, degli egoismi, delle mura e del filo spinato, per cambiare anche l’Europa delle oligarchie e delle tecnocrazie si partirà sabato 1 dicembre, al Teatro Italia di Roma. Staremo a vedere con quale compagnia.
Non lascerò il ruolo di sindaco di Napoli, ha concluso. Non capiamo come farà a rinunciare al suo carisma e al seguito che è in grado di generare nel suo elettorato, ma la notizia, a ogni modo, ci rende davvero felici.