Ha avuto luogo, lo scorso 15 ottobre presso il Teatro Eliseo di Roma, il primo dei tre incontri intitolati Tre sguardi sulla poesia di Dante che ha visto come voce narrante il linguista e filologo italiano Luca Serianni, il quale con simpatia e autorevolezza ha inebriato gli astanti con i suoi studi sulle invettive dantesche, argomento di spicco della giornata.
Lo studioso – ex allievo di Arrigo Castellani e Professore Ordinario di Storia della Lingua Italiana presso l’Università di Lettere e Filosofia La Sapienza, Direttore delle riviste Studi linguistici italiani e Studi di lessicografia italiana, nonché socio dell’Accademia della Crusca e Vicepresidente della società Dante Alighieri – ha cercato di fornire un quadro generale riguardo uno dei punti salienti della Divina Commedia. Ma come possiamo definire le invettive dantesche? Domanda se non altro retorica a cui il professore ha attribuito un senso e significato in merito. L’invettiva – ha sottolineato Serianni – ha le caratteristiche di un’apostrofe, consiste in una frase denigratoria o in un discorso violento nei confronti di qualcuno o qualcosa: può essere rivolta a persone, città e vizi. Terminologicamente infierisce contro il prossimo senza che egli se ne renda conto.
I momenti di interesse sono la critica molto aspra contro la Chiesa ma anche l’avarizia per conto di beni che violano norme condivise, da intendersi come proiezione dei beni che si oppongono allo spirito di povertà del Vangelo, che Dante stesso incarna in San Francesco ma anche in San Domenico. All’interno della Commedia la presenza di tali requisitorie si riversa sul lettore, o su un critico della lingua, come accentuata.
Dove troviamo le invettive? In primo luogo è necessario sottolineare il fatto che esse si trovino in ciascuna delle tre cantiche e, in particolare, uno studente di liceo o chiunque abbia conosciuto e apprezzato Alighieri nel corso della sua formazione ricorderà quelle contro la città di Firenze e l’Impero Germanico ma anche quelle presenti nel Paradiso e in prossimità dell’Empireo quando Dante mette in bocca a Beatrice un’aspra rampogna contro i monaci antoniani.
Di seguito, alcuni dei Canti presi in considerazione da Luca Serianni che ci permettono di entrare nel mood della Divina Commedia navigando di verso in verso fra le parole dello scrittore per farci comprendere al meglio quella che viene considerata un’invettiva.
CANTO XVII PARADISO
Lascia pur grattar dov’è la rogna.
Il Canto potrebbe essere sintetizzato brevemente in questo verso che raffigura le parole che Cacciaguida riferisce a Dante. Il XVII del Paradiso, infatti, è proprio il Canto che pone la notevole influenza all’interno della Divina Commedia della figura di Cacciaguida poiché ci chiarisce i vari accenni riguardo al futuro esilio da Firenze rendendo il Sommo Poeta cosciente della sua sorte.
CANTO XXV PARADISO
… con altra voce omai, con altro vello ritornerò poeta, e sul fronte del mio battesmo prenderò cappello…
‘’Spene’’, diss’io, “è uno attender certo de la gloria futura, il qual produce grazia divina e precedente merto…’’
Come vediamo, Dante parla di un sogno impossibile: riuscire a rientrare a Firenze in merito alla fama di grande poeta, tra innumerevoli fatiche e sacrifici. Egli rappresenta l’esilio in modo diretto, come realtà a lungo sostenuta per colpa della crudeltà dei nemici politici che lo vogliono esule, ma anche della legge: il bando è stato trasformato in pena di morte, neanche la gloria poetica gli permetterà di tornare nella sua città.
CANTO VI PURGATORIO
Tal era io in quella turba spessa, volgendo a loro, e qua e là, la faccia, e promettendo mi scioiea da essa…
Venimmo a lei: o anima lombarda, come ti stavi altera e disdegnosa e nel mover de li occhi onesta e tarda!…
In questo Canto vige l’incontro con l’anima di Sordello da Goito, si rappresenta l’invettiva contro l’Italia e in particolar modo l’apostrofe contro Firenze così come si evince nei vv 76-97:
Ahi serva Italia di dolore ostello,
nave senza nocchiere in gran tempesta,
non donna di province ma bordello…
Come anche Serianni ha sottolineato, Dante porta con sé una nota dolente nei confronti della sua città natale ma nel frattempo tende a criticarla affermando che nonostante il popolo si giustifichi sempre per i malfatti, essa, Firenze, riesce sempre a non perdersi d’animo, cosa che invece farà il nostro Poeta.
Le invettive, dunque, come abbiamo appena visto, sono un elemento di analisi all’interno della Commedia che ci permette di capire al meglio il percorso tortuoso e arduo di Dante attraverso i tre regni dell’aldilà. Ma mentre il cammino del protagonista ha termine al momento della salita in Paradiso, il nostro non si conclude qui: Luca Serianni terrà pertanto altri due incontri nel medesimo luogo (Teatro Piccolo Eliseo di Roma) nei giorni 26 novembre – in cui ci parlerà delle similitudini presenti all’interno dell’opera – e 10 dicembre, con un appuntamento fondato essenzialmente sulla figura femminile nell’opera: quali sono i caratteri delle donne che il Sommo Poeta incontra nell’aldilà? E in che misura riflettono la percezione della donna e la sua posizione nella società del tempo? Domande che noi seguaci di Alighieri ci siamo posti studiandolo o che magari ci saremmo posti più in là e a cui il nostro professore sarà lieto di rispondere permettendoci di ampliare i nostri orizzonti in considerazione al tema.
Per maggiori informazioni relative all’evento www.teatroeliseo.com.