Il 6 settembre è stato annunciato che l’astrofisica irlandese Jocelyn Bell Burnell è stata scelta come vincitrice del Special Breakthrough Prize nella categoria Fundamental Physics, un premio ideato per insignire quelle personalità nel campo della scienza che dovranno ispirare con la loro vita e i loro lavori le prossime generazioni di scienziati. Durante la premiazione, che si terrà a novembre nella Silicon Valley, oltre a ricevere l’ambita statuetta a forma di toroide, realizzata dall’artista Olafur Eliasson, Burnell riceverà anche 3 milioni di dollari. La vincita di tale riconoscimento è un vero e proprio riscatto per l’astrofisica che nel corso della sua carriera si è vista negare l’onore di ricevere un Nobel che le spettava di diritto nel 1974 per la scoperta delle stelle pulsar. A riscuotere l’ambito premio in quell’anno, prendendosi il merito dell’identificazione di questi corpi celesti, fu infatti Anthony Hewish, professore di Jocelyn, che inizialmente nemmeno aveva creduto alle acute osservazioni della sua alunna.
Nata a Lurgan, nell’Irlanda del Nord, nel 1943, Jocelyn Bell Burnell fece la sua grande scoperta a Cambridge, mentre era lì per svolgere un dottorato di ricerca. Tutto accadde per caso, mentre studiava i dati raccolti con un radiotelescopio, da lei aiutato a costruire per studiare le scintillazioni delle quasar. L’analisi di quanto ottenuto nelle sessioni d’osservazioni portò la ricercatrice a notare la presenza tra le informazioni collezionate di alcune onde radio che pulsavano a intervalli regolari. Comunicati al professore i suoi progressi, egli disse che tali impulsi non erano altro che interferenze umane. Non convinta, però, Brunell continuò le sue ricerche finendo per scoprire, per l’appunto, le stelle pulsar, stelle che quando girano su se stesse effondono onde radio che si propagano nello spazio.
Anche se nessuno le ha riconosciuto il merito della sua scoperta, l’astrofisica non ha smesso di consacrare la sua vita alla scienza e ha conquistato numerosi traguardi, tra cui quello di essere la prima presidente donna dell’Institute of Physics e della Royal Society of Edinburgh. Oggi, è invece rettore all’University of Dundee in Scozia e visiting professor all’University of Oxford.
Brunell si è detta sorpresa per la vincita del Special Breakthrough Prize e ha deciso di usare i 3 milioni di dollari vinti per finanziare gli studi di giovani e scienziate, cercando quindi di ridimensionare il ruolo di outisider che le donne hanno sempre avuto e continuano ad avere nel campo della ricerca e non solo. Secondo gli ultimi dati della UIS nel dominio della scienza, la presenza femminile, specialmente in quello della R&D, si limita al 29%, contro il 71% di quella maschile: le donne restano, dunque, scarsamente rappresentate nella R&D in ogni area del mondo. In particolare, per quanto riguarda i campi della scienza, della tecnologia, dell’ingegneria e della matematica quello che viene definito ingiustamente il sesso debole deve subire diverse discriminazioni vedendosi ridotte le possibilità di pubblicare le proprie ricerche, di guadagnare tanto quanto gli uomini e di progredire nella carriera. La donazione di Jocelyn Bell Burnell, quindi, potrebbe aiutare a migliorare questi dati così tristi, spingendo verso quella parità tra i sessi anche nel campo delle scienze e a evitare che altre donne in futuro siano costrette a subire l’Effetto Matilda (termine usato per definire i casi in cui in campo scientifico il risultato del lavoro di ricerca di una donna viene in tutto o in parte attribuito a un uomo) che ha colpito non solo Jocelyn, ma ance altre numerose brillanti menti femminili prima di lei.