Sulle origini della città di Napoli sono state formulate numerose ipotesi, eppure ancora oggi la fondazione del capoluogo campano è avvolta nel mistero, lontana dalla certezza della storia. È nel mito di Partenope, tuttavia, che si fusero il ricordo delle peripezie dei primi coloni e la leggenda della Sirena.
Quando Ulisse, che si trovava legato all’albero della sua nave nel tentativo di sfuggire al canto seducente delle tre sirene Ligea, Leucosia e Partenope, superò il braccio di mare che separa e allo stesso tempo lega l’isola di Capri e la Penisola Sorrentina, vide l’incomparabile spettacolo del golfo che poi fu detto di Napoli ed ancora un succedersi di montagne e colline, spiagge assolate splendenti come oro, seni profondi e misteriosi ed un cielo singolarmente luminoso su questo scenario. La sirena Partenope, quindi, sconfitta e affranta dall’astuzia del navigatore, si suicidò mentre il suo corpo, andato alla deriva, si incagliò sugli scogli dell’isoletta di Megaride dove oggi sorge il Castel dell’Ovo.
Il nome stesso di Partenope, d’altra parte, testimonia la presenza di questo culto della Sirena, confermando la tradizione che vuole nei Rodii i fondatori della città, il cui primo nucleo di coloni si sarebbe insediato a occidente della futura Neapolis. Oltre a questa leggenda, comunque, sono molteplici le storie giunte fino a noi. Tra queste, quella di Apollo il quale, grazie a una colomba, avrebbe indirizzato verso il litorale campano una graziosa fanciulla, figlia di Eumelo, re di Tessaglia, chiamata Partenope. La giovane sarebbe morta subito dopo essere sbarcata sulle nostre spiagge e ivi seppellita dalle genti del luogo.
L’origine rodia di Napoli, inoltre, non esclude la successiva fondazione cumana nel periodo in cui, tra il VII e il VI secolo, la grande città calcidica estese la propria egemonia su tutto il golfo che assunse, appunto, il nome di cumano. Stando alle indicazioni dei diversi autori dell’antichità, la città di Partenope fu probabilmente fondata verso il 680 a.C. tra il colle di Pizzo Falcone e l’isolotto di Megaride, e si sviluppò come base commerciale e come porto militare. La pesante minaccia degli Etruschi ne determinò, però, una progressiva decadenza. La crisi, infatti, raggiunse il suo culmine tra il 550 e il 530 a.C., quando gli abitanti dell’Etruria, passando all’offensiva, assalirono nel 524 la stessa Cuma. L’attacco fallì, ma la loro egemonia non ne fu indebolita e Partenope si ridusse a un modesto borgo tagliato fuori dalle linee dei traffici.
Nel 474, invece, con la vittoria dei Greci di Siracusa sugli Etruschi, il tiranno Jerone estese il proprio controllo sul golfo e sulle coste della Campania, contribuendo alla fondazione di Neapolis. Quest’ultima, più che come nuova città, va considerata come una nuova zona urbana: si spiega così il nome di Palaepolis attribuito all’originale nucleo di Partenope, ormai scaduto a un più modesto ruolo. Nonostante l’unità politica dei due abitati, si creò tra di essi un antagonismo che si riflesse sull’intera storia della città: non si trattava di una tensione dovuta a motivi etnici, ma di un vero e proprio conflitto di classe tra contadini e inurbati. I secondi, in particolare, trasformatisi in mercanti, costituirono un’oligarchia che non esprimeva più i problemi e i bisogni della campagna: a Neapolis risiedeva infatti la numerosa e solida comunità di commercianti e armatori legata al mondo greco e ai suoi mercati, mentre Palaepolis continuò a ospitare i ceti rurali sempre meno partecipi del nuovo sviluppo economico cittadino e legati piuttosto agli interessi del mondo sannitico.
Alle Sirene giungerai da prima,
Che affascinan chiunque i lidi loro
Con la sua prova veleggiando tocca.
Omero, Odissea, C. XII