Il Museo Nazionale dell’Università Federale di Rio de Janeiro, fondato nel 1818 per la ricerca della città brasiliana, è un istituto museale centenario che ospita opere d’arte greco-romana, reperti egiziani e primi fossili locali. Costruito per volontà del sovrano Giovanni VI del Portogallo, inizialmente al suo interno vi si trovavano specie botaniche e ornitologiche che attiravano un gran numero di naturalisti europei, eppure per la sua consacrazione fu fondamentale il contributo di esploratori quali Auguste de Saint-Hilaire e Georg Heinrich von Langsdorffu.
Soltanto alla fine del XIX secolo, e grazie soprattutto al “gusto” dell’imperatore Pietro, il museo si arricchì anche di collezioni legate all’antropologia, alla paleontologia e all’archeologia, e di grandi importanti reparti dedicati all’antico Egitto. Con il passare del tempo, questa istituzione, sempre più moderna, diventò il più importante museo di storia naturale e delle scienze umane dell’America Meridionale. Dal 1946 la sua direzione è affidata all’Università del Brasile, successivamente trasformatasi in Università Federale di Rio de Janeiro.
Purtroppo, nella notte tra il 2 e il 3 settembre l’istituto è stato distrutto da un violento incendio, di cui ancora non si conoscono le cause, fiamme che hanno iniziato a divorare il Palazzo di San Cristoforo – un vero e proprio capolavoro architettonico neoclassico – intorno alle 19:30. Nonostante il pronto intervento dei pompieri, non è stato possibile salvare il museo e le opere custodite al suo interno, soprattutto per la mancanza immediata di acqua. I due depositi più prossimi, infatti, erano vuoti e di conseguenza è stato necessario prelevare da altri punti sprecando del tempo prezioso.
Il Presidente Michel Temer ha dichiarato: «Oggi è un giorno triste per tutti i brasiliani. La perdita delle collezioni è inestimabile. Duecento anni di lavoro, ricerca e conoscenza sono andati perduti». Non tutto il patrimonio del museo, però, è andato distrutto. I vigili del fuoco, infatti, con l’aiuto del personale, sono riusciti a portare in salvo molti oggetti, ma si teme che il pezzo più importante sia stato distrutto dalle fiamme: il fossile di Luzia, il nome dato a uno scheletro di una donna paleoamericana risalente al Paleolitico superiore trovato in una grotta in Brasile. Rinvenuto nel 1975 in buone condizioni, i suoi resti erano scomposti (il cranio separato dal resto del corpo) e sepolti sotto più di dodici metri di depositi di roccia e sedimento. Luzia è, quindi, uno dei resti umani più antichi che siano mai stati ritrovati.
Questa notizia ha suscitato grande amarezza nella comunità scientifica e dall’Italia sono arrivate tantissime dichiarazioni di solidarietà, tra cui quella del Ministro Alberto Bonisoli che su Twitter ha scritto: Il terribile incendio al #MuseuNacional di Rio de Janeiro rappresenta una tragedia per la cultura mondiale: 200 anni di lavoro e una collezione di 20 milioni di pezzi sono andati persi. I danni sono inestimabili. Esprimo tutta la nostra solidarietà al popolo brasiliano.
Malauguratamente, nell’incendio sono andati perduti per sempre anche resti di mummie egiziane e precolombiane, resti di Pompei, una delle collezioni scientifiche più complete sulle civiltà indigene dell’America Meridionale, ma anche una biblioteca per specialisti con oltre mezzo milione di volumi, alcuni davvero rari. Una tragedia che ha colpito il mondo della cultura, un incidente che, seppur non abbia provocato vittime umane, ha cancellato per l’eternità delle tracce preziose lasciate dal passato e che nemmeno la digitalizzazione avrebbe potuto “mantenere in vita”. Di certo, non nella loro pura essenza.