Del web, si sa, si dicono spesso peste e corna, soprattutto se l’attenzione si concentra sui social network. Nato con l’obiettivo di un libero scambio di informazioni, accessibile a chiunque lo voglia e in qualsiasi momento, infatti, è purtroppo innegabile che internet, negli anni, sia cambiato a dismisura – in particolare con l’introduzione dei vari Facebook, Twitter, Instagram e così via –, divenendo, non più e non soltanto, luogo dove persone, culture, idee, opinioni e passioni di ogni tipo si incontrano, si abbracciano, si rifiutano e si scontrano, ma anche sede di violenza – spesso tramutatasi da verbale a fisica –, di riscoperta di vecchie ideologie, di sessismo, di razzismo, di omofobia e, ahinoi, persino di pedofilia. Stigmatizzato da molti perché percepito come principale strumento di disinformazione, ma osannato da altri per la sua funzionalità, per lo svago e la fuga dalla quotidianità garantiti, esso è tuttavia entrato a far parte della nostra routine cambiandone le abitudini. Ogni momento morto – che sia in fila al supermercato, a tavola, al semaforo o al bagno – si trasforma, infatti, nell’occasione giusta per prendere lo smartphone e concedersi qualche minuto di “nulla”, con il dito che scorre inutilmente su uno schermo, quando magari potremmo parlare con il nostro commensale, il nostro coinquilino, con il vicino di posto in treno. Non a caso, è la socializzazione vis-à-vis che ha risentito più di ogni altra cosa della presenza ingombrante della rete, sostituita da un mondo virtuale che, probabilmente, appaga al momento ma delude in prospettiva, quando il futuro, ma anche l’attimo subito dopo, appare vuoto e solitario, causando spesso depressione, stati di ansia e tristezza.
Eppure, in tutta questa negatività, nel frastuono delle fake news, delle bufale che accrescono odio e intolleranza, nell’insoddisfazione di un corpo che non appare mai come quello – ritoccato – in foto o di una vita sempre più monotona se paragonata a una qualsiasi – costruita ad hoc – dei nostri contatti, a cercare bene, senza bisogno di scavare nel profondo e oscuro web (quello veramente pericoloso), anche sui social sopravvivono la solidarietà e l’altruismo, due sentimenti fin troppo spesso dimenticati, travolti dalla viralità di immagini e notizie (false) che vogliono per forza imprimerci nella testa. Basti pensare a quei gruppi nati spontaneamente per ricreare un ambiente sano e familiare, dove poter scambiare consigli, mettere a disposizione la propria professionalità, richiedere quella di qualcun altro, insomma punti di ritrovo e di ascolto per chiunque ne ha bisogno. Tra questi, ad esempio, vi è S.O.S. amici aiutiamoci tra noi, la prima realtà virtuale che tramite la propria cerchia di persone aggiunte su Facebook si prefigge lo scopo di aiutarci a risolvere qualsiasi tipo di inconvenienza si presenti nelle nostre vite.
Voluto profondamente dai partenopei Sergio Colella e Rosanna Terracciano nell’ottobre del 2013, il gruppo consente agli iscritti di postare le più svariate proposte: dalle richieste di suggerimenti di un buon medico, di un legale o di una qualsiasi figura professionale, all’esposizione di un problema di salute, psicologico, di vicinato, familiare e così via, ognuno ha la possibilità di esporre il proprio dubbio, la propria preoccupazione, di chiedere un parere a titolo informativo o un consulto più specifico. Il tutto, nella maggior parte delle risposte, in via gratuita e volontaria. Parola d’ordine, nel caso di coinvolgimento di una qualsiasi consulenza o manodopera, prezzi s.o.s., vale a dire costi accessibili a chiunque. Ciascuno, inoltre, può proporsi come persona in cerca od offrire lavoro, vendere o addirittura regalare le proprie cose, messe a disposizione di chi si fa avanti per primo.
Casa di più di 86mila iscritti, il gruppo è oggi punto di riferimento di tantissime persone che, anche in modo anonimo, sanno di poter fare affidamento non solo sulla disponibilità di Sergio e Rosanna ma anche di tutti coloro che con una parola o con un gesto concreto, talvolta persino con una preghiera, non lasciano che la solitudine, le difficoltà quotidiane, le paure travolgano e immobilizzino. Un esempio di come il tanto – e giustamente – bistrattato web sappia e possa essere anche un luogo dove ritrovarsi e riscoprire i valori, quelli veri, propri dell’essere umano. Valori e sentimenti di ormai sempre più difficile esternazione in un mondo che tende a emarginare il più debole o il buonista di turno. S.O.S. amici aiutiamoci tra noi, quindi, ci dimostra che non è così, che solidarietà non è elemosina, che ascoltare è donarsi, che chiedere non è vittimismo, che empatia è scambio emozionale, che essere umani non è radical chic, ma l’opportunità più grande che abbiamo per crescere.
Forse, se iniziassimo a dare più voce a realtà come quella creata dai coniugi Colella, internet smetterebbe di essere sfogatoio fine a se stesso, luogo preferito per vomitare la propria rabbia e la propria insoddisfazione, il ritrovo della frustrazione di ciascuno. Forse, se l’emulazione si facesse sana, gli insulti alla Boldrini, agli immigrati e ai Saviano vari diverrebbero gesti di solidarietà. E la rete, che non è trappola, riacquisterebbe senso, anche nel nome.