Protagoniste della nuova mostra che si terrà al Museo dell’Ara Pacis fino al 9 settembre sono le Mura Aureliane. La Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali di Roma Capitale, infatti, ha commissionato la prima campagna fotografica integrale sull’intero percorso da esse delineato, anche nei punti non accessibili al pubblico. Nate come difesa dall’esterno e poi inglobate nel tessuto cittadino, le mura si sviluppano per 12 km e sono il più grande monumento della Roma imperiale e la cinta muraria urbana più lunga, antica e meglio conservata della storia.
Nel corso del tempo, le Mura Aureliane sono state trasformate continuamente: nel V secolo con l’imperatore Onorio, che rinforzò e innalzò l’intera struttura, nel VI secolo a causa della guerra greco-gotica, e nel corso degli anni successivi a opera di diversi papi con interventi di restauro testimoniati dai numerosi stemmi apposti lungo la cinta muraria, finché, nel 1847, Papa Pio IX decise di consegnarle all’amministrazione capitolina. Le Aureliane continuarono a funzionare come cinta daziaria fino agli inizi del XX secolo e subirono ulteriori trasformazioni dovute al riassetto urbano e alla costruzione di nuove strade. Pur trasformandosi continuamente, hanno comunque mantenuto un loro ruolo all’interno della vita della città ospitando, ad esempio, studi d’artista e giardini.
La documentazione delle mura è stata raccolta dal fotografo romano Andrea Jemolo tra il settembre e il dicembre 2017. Al Museo dell’Ara Pacis, quindi, sarà esposta una selezione di 77 fotografie a colori in grande formato per la mostra Walls. Le mura di Roma. Fotografie di Andrea Jemolo.
Partendo da Porta del Popolo, passando per Villa Dominici e dalle porte Metronia, Latina, San Sebastiano, il percorso per immagini arriva fino all’ultimo tratto visibile dal Ponte dell’Industria. Alcuni tratti di mura si stagliano ancora solenni e solitari, altri sono stati inglobati dalla vita cittadina tra palazzi e cantieri. In alcune foto, scattate all’esterno dei bastioni, si colgono le diverse tecniche utilizzate nel corso dei secoli: dai mattoni in laterizio, al tufo, ai materiali di reimpiego in marmo, mentre altre raccontano il “dentro” le mura, con scorci di camminamenti, porte, torri. Proprio in una di queste, la numero XXXIX in via Campania, è ancora possibile ammirare lo Studio Randone, uno dei tanti luoghi di lavoro e incontro di artisti ospitato all’interno delle mura tra fine Ottocento e inizio Novecento.
«Volevo che le mura, nella loro dimensione, articolazioni e materia, si imponessero con la loro propria forza. Perché ciò potesse avvenire – spiega Andrea Jemolo – avevo però bisogno di un contesto cromaticamente neutro, di qui la scelta di fotografare nelle giornate nuvolose. Raccontare un monumento lungo 13 chilometri è stato un processo arduo giocato sul controllo assoluto del rapporto tra manufatto e luce».
Un’ottima occasione per vedere, attraverso una mostra, i lati nascosti delle Mura Aureliane e, al tempo stesso, visitare anche il maestoso Ara Pacis.