Appena pochi giorni fa, è stato comunicato che il famoso concorso di bellezza Miss America eliminerà la tradizionale sfilata in bikini. L’annuncio è stato dato su Twitter attraverso un video che mostra un costume da bagno disintegrarsi, il tutto corredato dall’hashtag #byebyebikini e lo slogan We’re changing out of our swimsuits and into a whole new era.
La scelta di abolire la tipica passerella in costume si inserisce in una più ampia ventata di cambiamento che sta ristrutturando l’essenza della competizione a partire dalle fondamenta. Dopo che molti dei suoi ex organizzatori sono stati scoperti scambiarsi mail sessiste sulle concorrenti, infatti, un rinnovato comitato tutto rosa si sta occupando di dar vita a uno show politically correct: «Non giudicheremo più le candidate in base all’aspetto fisico ed esteriore. È una cosa enorme. Non siamo più un concorso, siamo una competizione», ha affermato Greta Carlson, nuova Presidente della Miss America Organization, sottolineando che non solo le concorrenti non saranno più costrette a indossare il due pezzi, ma sarà anche permesso loro di non vestire il tipico abito da sera, lasciandole sfilare con indumenti in cui si sentono a proprio agio. La scelta della Carlson si innesta in quella scia di femminismo che sta colpendo l’America, e non solo, con lo scoppio del caso Weinstein e la consequenziale nascita del movimento #MeToo.
Lo scopo di queste iniziative si inserisce, dunque, nella prospettiva della valorizzazione di tutto ciò che non concerne l’aspetto fisico delle partecipanti. D’altronde, Miss America si è sempre vantato di essere qualcosa di più di una semplice iniziativa che incorona la più bella del Nuovo Continente e di andare oltre la bellezza delle sue concorrenti, premiandone il talento e l’attivismo sociale, ricompensando poi la vincitrice con una borsa di studio utile a finanziarne tutti gli interessi. Visti da questo punto di vista, quindi, gli interventi mirati al cambiamento del concorso sembrerebbero essere positivi e finalizzati a migliorare il ruolo della donna nella società odierna in cui continua è la lotta per la parità di genere. Tuttavia, se si guarda più da vicino alle ragioni che hanno portato alla metamorfosi della competizione si può comprendere che, pur mutando la sua facciata, la gara rimane sempre lo stesso meccanismo a premi che crea ostilità tra le concorrenti cercando di decretare chi tra loro emerge sulle altre.
Ciò di cui si è vantata la Carlson è di permettere a tutte le ragazze di partecipare a Miss America senza che siano costrette ad apparire sulla televisione nazionale mezze nude: ogni giovane è libera di esprimere il suo essere, mettendone in evidenza l’intelletto. Ma se ci si pensa bene, se il concorso non ha più il compito di incoronare la più bella tra tutte le bellezze del Paese, qual è la sua ragion d’essere? La scelta di non obbligare le concorrenti a sfilare con un abito da cerimonia in cui hanno paura di inciampare sembrerebbe un modo per promulgare l’idea che esistono diversi tipi di bellezza, un messaggio importante in questa era in cui i social bombardano continuamente le giovani donne con immagini di perfezione irraggiungibile. Tuttavia, questo elogio alla molteplicità che apparentemente lo show vorrebbe mettere in atto crolla nello stesso momento in cui tra questa varietà di modelli d’eleganza a prevalere deve essere solamente uno, riproponendo quindi un archetipo che viene considerato migliore degli altri e perpetuando l’idea che la perfettibilità sta nell’essere in un certo modo più che in un altro. La premiazione della migliore tra le lady partecipanti che ha per scopo la kermesse crea una divisione e una rivalità che poco si confanno a quel messaggio di unità e sorellanza che in questi tempi ardui per le donne movimenti come #MeToo stanno cercando di promuovere.
Se davvero l’obiettivo della nuova Presidente della manifestazione è far in qualche modo intuire che è arrivato il momento di comprendere che una donzella non va giudicata solo per come appare e che mascara e intelligenza sono perfettamente coniugabili, non sarebbe più logico eliminare direttamente la competizione? Invece di vestire lo show dell’ipocrisia di una finta attitudine al politically correct, la Carlson avrebbe dovuto solamente scegliere di mettere fine a questo grande circo fatto di lustrini e sorrisi, a dimostrazione che il valore di una donna non si può capire solo guardandola sfilare su una passerella, sia essa vestita con un due pezzi o con una tuta, e sentendola rispondere a qualche domanda generica sulla sua vita e sull’attualità, oppure guardandola esibirsi in qualche performance che ne metta in risalto una presunta ammirabile qualità.