Che le promesse elettorali siano state sempre puntualmente disattese è cosa nota, anche quando, per incentivare forza e credibilità, l’imprenditore prestato alla politica volle darle maggior risalto sottoscrivendo un patto unilaterale con gli italiani nel salotto di Vespa, nel corso di una puntata degna dei peggiori teatri di avanspettacolo con una sceneggiata che non valse comunque a vederne i risultati neanche nei successivi vent’anni. La promessa ha sempre fatto parte del gioco delle competizioni pre-voto, ma in questi giorni si è consumata una serie di scenette che ha superato ogni forma di decenza, di quel minimo di serietà che anche la politica mediocre finora, almeno nella sua ufficialità, aveva salvato agli occhi degli elettori.
In verità, il gioco perverso lo aveva iniziato con molto anticipo il Segretario del Carroccio che in poco tempo aveva deciso di attuare il suo piano di recitazione della Lega buona, della Lega dalle braccia larghe disposta a considerare l’esistenza di quella parte d’Italia che dalle sue origini il partito del pregiudicato Bossi, Senatore della Repubblica miracolato da Salvini, aveva sempre bistrattato in tutti i modi attraverso una serie continua di epiteti, ingiurie e gratuite offese il cui culmine era stato raggiunto nelle ridicole adunate di Pontida tra armature, elmetti e corna degne dei peggiori set cinematografici dei film di cassetta. Un piano strategico, davvero ammirevole, che aveva trovato subito terreno fertile tra qualche vecchio fallito della politica locale ma anche di tanti delusi e molti simpatizzanti delle maniere forti da ducetto di campagna che comunque alla gente dà sempre parvenza di tanta sicurezza.
Un progetto andato a buon fine, quello della Lega, compagine politica che i governi Berlusconi hanno alimentato e a cui hanno dato forza con ministeri chiave, di certo non quelli che si volevano trasferire in terra padana con ridicole proposte di delocalizzazione che hanno comportato spreco di danaro pubblico per poi abbandonare alla chetichella qualsiasi tipo di realizzazione concreta, ma quelli istituzionali dei quali non si ricorda una sola riforma che porti la firma di quella che il mai dimenticato Pino Daniele in una sua celebre canzone aveva definito una vergogna.
Il teatrino rappresentato in questi lunghi giorni di crisi non ha avuto, però, come unici interpreti i trasformisti “verdi”. Ancor più deplorevole, infatti, la forza nata da un disegno aziendale che comunque, per quanti delusi dalle politiche fallimentari del centrodestra, Lega compresa, e l’imposizione di governi mai eletti ma di marca presidenziale, ha rappresentato una speranza concretizzatasi con il successo elettorale recente grazie ai voti che quella massa fluttuante di elettori ha spostato da Forza Italia e Partito Democratico, particolarmente nel Sud Italia.
Per decenza non sto qui a elencare tutte le cose dette e stradette dai maggiori leader dei 5 Stelle, in particolare sulle alleanze e sugli accordi con nessuna forza politica facente parte del sistema corrotto che ha governato il Paese: mai e poi mai con Berlusconi, la Lega e il Partito Democratico, certi di superare quella soglia necessaria prevista da una legge elettorale vergognosa che si è ritorta poi contro chi disonestamente l’ha voluta marchiandola con il nome di quel genio del PD.
Tutto e il contrario di tutto, il movimento aziendale genovese, convertito come d’incanto sulla strada di Damasco, ha cancellato quanto detto fino al 3 di marzo dall’incantatore di serpenti Di Battista, ben supportato dal proprio genitore dalle uscite eversive – che giurò di lasciare la politica in caso di accordi con la Lega – e dello stesso cittadino di Pomigliano d’Arco che più volte aveva elencato i danni al Paese da parte del Carroccio e di Salvini in particolare.
È pur vero che le promesse di lasciare la politica dei vari Renzi, Boschi e i suicidi promessi e non portati a termine dei Mastella e compagni non sono da meno dai vari Di Battista presenti in quello che si vuole ancora rappresentare come il nuovo ma che ha incarnato il peggio della vecchia politica in un botto solo pur di mirare al governo, tra squallide promesse di mettere sotto accusa il Capo dello Stato ritrattate solo ventiquattro ore dopo al fine di portare al potere un Presidente tecnico, non eletto, come anche altri ministri che fino a tre mesi fa facevano parte di quel bagaglio di certezze rigorose e principi sui quali non derogare. Ma cosa dice quella massa di elettori del Sud che ha creduto agli ideali dei pentastellati sbandierati come versetti della Sacra Bibbia per poi realizzare il contrario di tutto? Approva e condivide ogni scelta, come ha sempre fatto quella parte di elettorato ondivago che arrivò persino a giustificare e osannare l’uomo del Bunga Bunga nei giorni più tristi che la Repubblica ricordi, atteggiamento tipico di una classe media complice della distruzione di diritti, in particolare in difesa delle categorie più deboli.
L’elettorato del Sud, tradito come nella migliore tradizione, segue sempre la scia del pensiero dell’anguria, del proviamoli non curanti di ministri dal curriculum e dal pensiero che si spera facciano come i loro colleghi di partito, niente e il resto di niente, meglio che far danni e tornare indietro. Mai con nessuno, mai con la Lega, e il partito azienda pigiò di punto in bianco il tasto OK per non sprecare l’opportunità di andare al governo, anche con la forza più antimeridionale che il Paese ricordi.
Staremo a vedere se i giochi sono completamente fatti oppure un futuro non troppo lontano ci riserverà qualche sorpresa. Intanto, le prime ore dopo il giuramento del nuovo esecutivo registrano frasi a effetto e sparate del ministro non più con magliette e felpe con le scritte contro i napoletani puzzolenti ma con la cravatta verde riesumata come nelle migliori occasioni. Staremo a vedere quale sarà l’atteggiamento di Matteo Salvini nei confronti di quelle amministrazioni comunali come Napoli con le casse bloccate per debiti contratti dallo Stato attraverso i vari commissariati, certi che ne vedremo delle belle perché, mentre una parte della gente del Sud afflitta da quella vecchia patologia della perdita di memoria ha dato un colpo di spugna a oltre un ventennio di offese, il Segretario leghista ho la sensazione che non dimentichi facilmente.
Salvini fa il suo gioco e vorrà far prevalere la sua linea come il suo predecessore Umberto Bossi con il governo Berlusconi dettando l’agenda, con qualche compito in più, al tecnico Presidente del Consiglio, certo dell’aiuto di Di Maio che pur dovrà difendere e portare le istanze del Sud. Anche se a pensarci sarà la natura con il caldo, il gran caldo di questa terra che farà aumentare il PIL come ci ha ricordato sapientemente la neo-ministra Barbara Lezzi.