Napoli CittàLibro, il Salone del Libro e dell’Editoria che si è tenuto dal 24 al 27 maggio presso il Complesso Monumentale di San Domenico Maggiore, sembra aver posto le basi per un futuro più roseo per editori e lettori, sorpresi anche da una proposta giovane che ha apportato uno svecchiamento al settore grazie a strategie e creatività nuove.
Questa prima edizione è parsa, infatti, di un livello superiore rispetto alle precedenti fiere organizzate nel panorama campano sia per il programma estremamente ricco sia per una location di grande impatto, un luogo affascinante e ricco di arte che, tuttavia, non si è dimostrato all’altezza di accogliere un evento del genere, né dal punto di vista degli espositori né da quello dei visitatori.
Non a caso, una disposizione davvero infelice ha reso difficile la godibilità della manifestazione, con strette corsie che ospitavano su entrambi i lati i vari stand, dai più piccoli ai più grandi. Lunghi corridoi dove la “circolazione” era bloccata quando qualche curioso lettore desiderava, giustamente, fermarsi per sbirciare meglio tra i libri e fare due chiacchiere con lo standista o l’editore di turno. E il problema diventa assai più grave se pensiamo ai disabili che avevano serie difficoltà anche solo a spostarsi.
La fruizione del luogo, quindi, non risulta consigliabile per edizioni future, sia per le criticità che molti hanno riscontrato nel trovare l’ingresso, sia per quelle affrontate nel raggiungerlo attraverso l’impiego di automobili – considerando che al centro storico parcheggiare è davvero ardua impresa – ma anche e soprattutto per la mancanza di un’areazione adeguata. Gli organizzatori stessi, inoltre, non avevano previsto l’incredibile affluenza che c’è stata – numeri importanti che riempiono il cuore di speranza –, terminando con largo anticipo i biglietti e obbligando la security ad accompagnare i visitatori all’ingresso, così come sono andati esauriti i laccetti da consegnare insieme agli accrediti.
Di certo, lo scopo di Napoli CittàLibro non è stato organizzare un evento commerciale, vista l’impossibilità di accogliere, dopo la fiera di Torino e prima di quella di Palermo, realtà editoriali che rappresentassero l’Italia intera. Probabilmente per questo tipo di novità si è trattato di un momento di crescita per guardare in casa ciò che è possibile costruire, fare il punto della situazione su ciò che l’editoria riesce a muovere in città e valutarne le possibilità di sviluppo. Una cosa è sicura: le sale del complesso sono state sfruttate abbastanza bene, permettendo una buona distribuzione dei momenti di reading, incontri e presentazioni varie. Gli stand di piccole dimensioni hanno aiutato a non creare quel distacco tra espositore e lettore, anche se è spesso mancata la presenza di uno spazio dedicato agli autori che avrebbero potuto firmare copie e chiacchierare delle proprie opere così da contribuire ad accorciare le distanze e permettere un relazionarsi più umano.
Napoli CittàLibro, nonostante tutto, può essere un buon punto di partenza per costruire una base solida affinché anche il capoluogo partenopeo possa avere il suo salone del libro. Sebbene il grande successo e i grandi numeri raggiunti – con scarsa presenza di giovani lettori – la volontà e il duro lavoro non sono ancora stati sufficienti, ma si può sempre fare meglio. Un’esperienza di cui fare tesoro per guardare avanti e migliorare un evento che ha davvero tutte le carte in regola per eguagliare, forse un giorno, Torino, Roma e Milano.