Alla fine di via Fontanelle, dove il paesaggio urbano si slabbra in una sorta di periferia rurale, si trova la piccola Chiesa ottocentesca di Maria Santissima del Carmine, dalla quale si accede al Cimitero delle Fontanelle. Questo luogo assai suggestivo è un antico cimitero della città di Napoli che ha preso il suo nome dalla presenza, in passato, di fonti d’acqua.
La sua origine risale al XVI secolo circa, quando dai Colli Aminei partivano quattro impluvi che, nel corso degli anni, hanno eroso i banchi tufacei portando a valle quella che fu definita Lava dei Vergini, composta da colate di fango e detriti, creando così, tra il vallone delle Fontanelle e della Sanità, le condizioni ottimali per estrarre il tufo, materiale utilizzato per le costruzioni della città.
Prima del XVI secolo era usanza interrare i corpi dei defunti nelle chiese, tuttavia una volta terminato lo spazio all’interno di queste, veniva dato compito ai salutari di disseppellire di notte i defunti più vecchi e stiparli in cave come quella presente al Cimitero delle Fontanelle. Nello specifico, questa divenne “ufficialmente” il Camposanto delle Fontanelle nel 1656, quando la peste si abbatté sulla popolazione che venne quindi decimata. Per via di questa terribile sorte, fu dato ordine di riaprire la cava dove furono stipate al suo interno 250mila salme. Molte, tuttavia, furono le disgrazie che si succedettero: carestie, tre rivolte popolari, terremoti e cinque eruzioni del Vesuvio.
Le grandi caverne scavate nella collina di Materdei per estrarre il tufo erano già da tempo usate come ossario della città quando, alla fine dell’Ottocento, un gruppo di fedeli guidati dal sacerdote Gaetano Barbati cominciò la pietosa opera di disporre i resti umani in ordinate cataste lungo tutto il perimetro del cimitero; migliaia erano quelli dell’epidemia di colera che nel 1836 aveva decimato la popolazione napoletana.
Lo spettacolo dell’ossario, quale oggi si mostra agli occhi dei visitatori, non può non destare la stessa inquietudine che assalì Ingrid Bergman in visita alle Fontanelle nel celebre film di Roberto Rossellini Viaggio in Italia: nei grandi ambienti di forma trapezoidale, dove la penombra viene a tratti interrotta da sprazzi di luce nei punti in cui le caverne comunicano con l’esterno, migliaia di teschi e ossa sembrano formare macabre decorazioni architettoniche.
Il Cimitero della Fontanelle è stato per decenni luogo di una particolare devozione popolare che a questi morti ignoti ha attribuito nomi, storie e la capacità di intercedere per ottenere grazie: rituali che si ripetevano nelle chiese Santa Maria della Sanità, Sant’Agostino alla Zecca e che ancora si possono osservare nelle chiese di Santa Maria delle Anime del Purgatorio ad Arco e di San Pietro ad Aram.
Lungo le pareti del cimitero, alle ossa accatastate, si alternano teche in vetro, legno o muratura, che per anni i fedeli hanno posto qui come ex-voto per grazia ricevuta o da ricevere: piccoli altari per proteggere i teschi di morti sconosciuti, diventati tramite e strumento di riti privati. Il cimitero è infatti diventato famoso per via del rito delle anime pezzentelle, ossia l’adozione e la cura da parte di un napoletano di un determinato cranio appartenente a un’anima abbandonata, denominata capuzzella, in cambio di protezione.
Il pauroso e pittoresco ossario delle Fontanelle, in enormi cave di tufo, custodisce, disposti con macabro senso architettonico e decorativo, i resti delle vittime dell’epidemia colerica del 1836, aggiuntivi altri numerosi scheletri scavati in vari punti della città. – Gino Doria
Per saperne di più, seguiteci il prossimo 19 maggio, ore 10:30, alla scoperta del Cimitero delle Fontanelle e del quartiere Sanità in compagnia dell’Associazione Culturale L’Anguilla.
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