Lo pensai intensamente per tutti i cinquantacinque giorni di quella prigionia che ebbe inizio il 16 marzo del 1978 con la strage dei cinque uomini di scorta massacrati in maniera precisa, da veri tiratori scelti e senza colpo ferire per Aldo Moro, che evidentemente serviva vivo per attuare il piano partorito da chissà dove.
Lo rivedevo continuamente nella mia mente ricordando le volte che avevo avuto l’opportunità di partecipare agli incontri organizzati dagli amici morotei di Napoli, la corrente della DC che a lui faceva capo, che si tenevano presso un albergo del lungomare partenopeo. Incontrarlo, ascoltarlo e non di rado interloquire con lui era sempre stato un arricchimento, un momento di Politica autentica distante anni luce da quella mediocre dei tanti, troppi militanti della realtà locale affaristica e cialtrona.
Non ho ricordi molto precisi di quei giorni, ma una notizia letta qualche anno prima che commentai con un amico il giorno del ritrovamento del cadavere. L’ho cercata per ricordarne l’anno. Era il 1974 quando il Segretario di Stato americano Kissinger, riferendosi a Moro, disse testualmente: «Onorevole, Lei deve smetterla di perseguire il suo piano politico per portare tutte le forze del suo Paese a collaborare. O la smette di fare queste cose o la pagherà cara. Veda Lei come vuole intenderla.»
Questa frase l’associai subito alle mie perplessità, simili a quelle di tanta gente comune, sulle modalità dell’operazione terroristica, sui comportamenti davvero inqualificabili della classe politica, sulle strane e personali teorie filosofiche su di un rigore di Stato che non ammetteva deroghe dettate chissà da quali centri di potere che nella storia d’Italia hanno visto sempre stragi compiersi ed entrare nel regno del mistero.
Come mistero è rimasto quello compiuto nei confronti di un uomo politico che credeva nella teoria del confronto con il Partito Comunista, inviso agli Stati Uniti e anche alla Russia che non vedeva di buon occhio il processo di avvicinamento al potere dei comunisti italiani attraverso il dialogo con le forze cattoliche. Erano anni di piombo ma anche gli anni di Gladio, della P2 dove nelle liste c’era di tutto e sopra tutti sempre lui, Licio Gelli, il grande burattinaio della storia repubblicana.
Non sono bastati due milioni di pagine di atti processuali, otto processi, sette commissioni parlamentari a far luce sull’ennesimo enigma di questo Paese, una vita sacrificata non si sa bene per quale alto o meschino principio di Stato. Un autentico statista con la visione di una politica condivisa e partecipata, che proprio in questo giorno della memoria di un massacro prima e di un’esecuzione dopo, dovrebbe consigliare a ciascun responsabile delle forze presenti in Parlamento di guardare per un attimo all’esponente che del suo impegno fece servizio fino all’estremo sacrificio, sapendo di essere in pericolo ma continuando sulla strada dell’interesse del Paese, principio che neanche sfiora la mediocre classe politica del nostro tempo.
Lettera di Aldo Moro alla moglie:
Mia dolcissima Noretta,
dopo un momento di esilissimo ottimismo, dovuto forse ad un mio equivoco circa quello che mi si veniva dicendo, siamo ormai, credo, al momento conclusivo. Non mi pare il caso di discutere della cosa in sé e dell’incredulità di una sanzione che cade sulla mia mitezza e sulla mia moderazione. Certo, ho sbagliato, a fin di bene, nel definire l’indirizzo della mia vita. Ma ormai non si può cambiare. Resta solo di riconoscere che tu avevi ragione. Si può solo dire che forse saremmo stati in altro modo puniti, noi e i nostri piccoli. Vorrei restasse ben chiara la piena responsabilità della DC con il suo assurdo e incredibile comportamento. Esso, va detto con fermezza, così come si deve rifiutare eventuale medaglia che si suole dare in questo caso. È poi vero che moltissimi amici (ma non ne so i nomi), o ingannati dall’idea che il parlare mi danneggiasse o preoccupati dalle loro personali posizioni, non si sono mossi come avrebbero dovuto. Cento sole firme raccolte avrebbero costretto a trattare. E questo è tutto per il passato. Per il futuro c’è in questo momento una tenerezza infinita per voi, il ricordo di tutti e di ciascuno, un amore grande, grande, carico di ricordi apparentemente insignificanti e in realtà preziosi. Uniti nel mio ricordo vivete insieme. Mi parrà di essere tra voi. Per carità, vivete in un’unica casa, anche Emma se è possibile, e fate ricorso ai buoni e cari amici, che ringrazierai tanto, per le vostre esigenze. Bacia e carezza per me tutti, volto per volto, occhi per occhi, capelli per capelli. A ciascuno una mia immensa tenerezza che passa per le tue mani. Sii forte, mia dolcissima, in questa prova assurda e incomprensibile. Sono le vie del Signore. Ricordami a tutti i parenti ed amici con immenso affetto ed a te e tutti un caldissimo abbraccio pegno di un amore eterno. Vorrei capire, con i miei piccoli occhi mortali, come ci si vedrà dopo. Se ci fosse luce, sarebbe bellissimo. Amore mio, sentimi sempre con te e tienimi stretto. Bacia e carezza Fida, Demi, Luca (tanto, tanto Luca), Anna, Mario, il piccolo non nato, Agnese, Giovanni. Sono tanto grato per quello che hanno fatto. Tutto è inutile, quando non si vuole aprire la porta. Il Papa ha fatto pochino: forse ne avrà scrupolo.