Ciò che sorprende dell’indipendentismo catalano è la sua trasversalità ed eterogeneità, la sua forza emozionale e di dignità. L’indipendenza può essere condivisa o meno, ma sicuramente non può essere esclusa dalla cultura di una regione intera. E tale idea è profondamente radicata, questo spiega il motivo dell’enorme partecipazione del movimento indipendentista.
È questo il pensiero che Gabriella Napolitano, fotografa partenopea, ha impresso nei suoi scatti in mostra al Kestè, un salotto urbano posto nel cuore del centro storico napoletano accanto all’antica Cappella Pappacoda. Una historia catalana è composta da venti fotografie che vogliono raccontare la proclamazione d’indipendenza della Repubblica Catalana dal Regno di Spagna. Si tratta di una storia assolutamente umana, dove la realtà invade con prepotenza le immagini immortalate, fotografie che hanno fissato per sempre la tensione umana, l’allegria, l’emozione, la polizia.
Ma non si tratta solo di questo. Le istantanee vogliono trasmettere quanto l’indipendentismo catalano mostri un’incredibile forza emozionale, una dignità decisa attraverso le manifestazioni di tutti i colori politici e sociali: sindacalisti, separatisti, spagnoli, catalani, costituzionalisti e rivoluzionari. L’indipendenza può essere considerata una follia oppure un’opportunità, ma sicuramente non può essere tagliata fuori dalla cultura che appartiene a una regione intera, perché ormai è un’idea radicata nel profondo.
Si tratta sicuramente di una situazione delicata che, in qualche modo, sta allertando l’Europa intera. Un “tutti contro tutti” dove il dialogo non viene considerato, dove l’azione politica non riesce a diventare “democratica”. Anche questo viene raccontato attraverso l’occhio attento di Gabriella Napolitano, dove artisti, impiegati, operai e professori si uniscono in un’unica bandiera, portando avanti e con fierezza la loro idea, quasi una fede, per esprimere quella che un tempo era la propria libertà di pensiero.
È possibile visitare gratuitamente Una historia catalana, la mostra, curata da Fabrizio Caliendo, fino al 3 maggio. Scatti, 30×45 e un grande formato 50×75, in bianco e nero “sporcati” da dettagli a colori che vogliono raccontare una storia che continua ancora oggi, una storia che sta vestendo le strade della Catalogna di giallo.
Prima vennero per i comunisti
e io non alzai la voce
perché non ero un comunista.
Poi vennero per i socialdemocratici
e io non alzai la voce
perché non ero un socialdemocratico.
Poi vennero per i sindacalisti
e io non alzai la voce
perché non ero un sindacalista.
Poi vennero per gli ebrei
e io non alzai la voce
perché non ero un ebreo.
Poi vennero per me
e allora non era rimasto nessuno
ad alzare la voce.
– Martin Niemöller, 1945
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