Che la cultura non sia una priorità nel nostro Paese si capisce dai pochi fondi che vengono stanziati per sostenerla e che ogni anno tendono a diminuire. Ma che, addirittura, gli enti culturali debbano mettere in vendita il patrimonio per il quale vengono stimati e visitati fa perdere qualsiasi tipo di speranza per una nazione come la nostra che di cultura, storia e antichità potrebbe fare una fonte di guadagno.
La notizia che ha fatto scalpore, ma non più di tanto, viene da Siracusa. Pochi giorni fa infatti, in un post sulla sua pagina Facebook, il Museo del Papiro Corrado Basile ha informato della messa in vendita di venti frammenti di papiri greci risalenti a 1500 anni fa e di accertata provenienza. In tanti hanno pensato a un pesce d’aprile posticipato, invece l’annuncio non ha niente di più vero. Il museo, che fa parte dell’Istituto Internazionale del Papiro, rischia di chiudere i battenti e, per evitarlo, è costretto a rinunciare a una parte del suo patrimonio.
La direttrice, Anna Di Natale, ha spiegato che il motivo che ha portato a tale drastica decisione sta nel tentativo di reperire risorse e realizzare altri progetti: «Siamo obbligati, la Regione ci ha dimezzato di anno in anno i contributi». La vendita però, ha specificato, è riservata solo a enti e non a privati.
Tutto ciò evidenzia come, ancora oggi, il Sud Italia continui a essere ignorato e sottovalutato, in un territorio come quello siculo, ricco di storia e potenzialità. Già negli anni passati, ha spiegato Corrado Basile, co-fondatore dell’istituto, erano state fatte promesse dalla Regione Sicilia che aveva garantito l’intero ex convento di Sant’Agostino per allestire il museo, salvo poi aver concesso parte dei locali alla galleria regionale di Palazzo Bellomo. «Questo tentativo di vendita è un grandissimo peccato perché spoglia la nostra città e la nostra regione di un patrimonio antico che appartiene all’intera comunità.» – ha affermato Francesco Italia, Vicesindaco di Siracusa, nonché Assessore alla Cultura – «Il museo, pur essendo un ente privato, è sopravvissuto grazie alle sostanziose contribuzioni della Regione e della Provincia. E anche se il Comune non ha una competenza diretta su questo museo, ci impegneremo per evitare questa vendita, chiedendo però a Basile di fare uno sforzo e progettare modelli di gestione differenti che non si basino esclusivamente sui finanziamenti pubblici.»
Una soluzione dunque sarebbe quella di condividere la gestione del museo con la città e ideare progetti che creino entrate anche al di fuori di quelle statali. Di fatto, però, l’annuncio rimane e se, per andare avanti, dobbiamo iniziare a vendere il nostro passato, allora forse non ci resta che piangere.