“[…] Insomma sarà una contaminazione, ma Nalbero è perfettamente nello spirito del nostro tempo. Perché, piaccia o non piaccia, la modernità è pop. E la cultura pop avrà mille difetti, ma con le sue provocazioni, ibridazioni, esagerazioni genera nuovi miti. Realtà aumentate che impressionano l’immaginario globale. Come diceva Andy Warhol, il pop fa amare le cose importanti ma in un modo irriverente. Ed è questa irriverenza che spiazza e talvolta irrita coloro che si sono autoinvestiti del ruolo di monopolisti del giudizio estetico, arbitri indiscussi e indiscutibili del bello e del brutto […].”- Marino Niola, La Repubblica.it
Dalle colonne de La Repubblica, il Prof. Marino Niola, antropologo e giornalista, non poteva essere più chiaro e provocatorio affrontando a viso aperto il tema che da alcune settimane divide la città, o meglio, divide la città degli intellettuali, dei soliti contrari a qualsiasi iniziativa che esca fuori dai consueti canoni di una Napoli che da qualche anno ha voltato pagina.
Occorre parlar chiaro e senza mezzi termini. N’Albero – e non Nalbero – questo agglomerato di metallo con altezza da record, che piaccia o no, è stata una provocazione fortemente voluta per rafforzare e dare continuità a un’idea di città che va oltre i propri confini territoriali volgendo lo sguardo all’Europa e al Mediterraneo.
Che somigli o meno a un albero, che sia bello o brutto, la sua collocazione, la sua visibilità e i pensieri quotidiani di intellettuali o pseudo tali che avrebbero preferito delle discrete e tenui luminarie nella continuità del sonno durato decenni, è poca cosa rispetto ai risultati fin qui prodotti e al ritorno di immagine che Napoli sta ottenendo.
Dice bene Niola, si tratta di irriverenza che spiazza e irrita quanti si sono proclamati, e non da oggi, giudici implacabili, unici legittimati a stabilire ciò che è bene e ciò che è male.
Il lungomare, la villa comunale, la cassa armonica, la ZTL, la pista ciclabile, insomma tutto quanto riguarda le zone cosiddette bene. Poi, che a Scampia nasca un parco giochi per bambini, un orto per la cura dei disabili, l’abbattimento delle Vele – quei mostri realizzati nel silenzio anche di quella classe intellettuale – tutto questo non interessa.
“N’Albero piccerillo aggio piantato, criscènnolo cu pena e cu sudore”, scriveva il grande E.A. Mario. Un albero piccolo piccolo rispetto a una grande intuizione nella strada del rinnovamento e del recupero della centralità di una città capitale della cultura.