Italo Calvino nel suo Il viandante nella mappa scrisse: La forma più semplice di carta geografica non è quella che ci appare oggi come la più naturale, cioè la mappa che rappresenta la superficie del suolo come vista da un occhio extraterrestre. Il primo bisogno di fissare sulla carta i luoghi è legato al viaggio: è il promemoria della successione delle tappe, il tracciato di un percorso… Il seguire un percorso dal principio alla fine dà una speciale soddisfazione sia nella vita che nella letteratura (il viaggio come struttura narrativa) e c’è da domandarsi perché nelle arti figurative il tema del percorso non abbia avuto altrettanta fortuna e compaia solo sporadicamente… La necessità di comprendere in un’immagine la dimensione del tempo assieme a quella dello spazio è all’origine della cartografia. Tempo come storia del passato… e tempo al futuro: come presenza di ostacoli che si incontrano nel viaggio, e qui il tempo atmosferico si salda al tempo cronologico… La carta geografica insomma, anche se statica, presuppone un’idea narrativa, è concepita in funzione di un itinerario, è Odissea.
Il camminare è un’arte complessa perché non è affatto semplice riuscire a trasmettere la propria esperienza in una vera e propria forma estetica. I dadaisti e i surrealisti hanno sempre trasmesso le loro azioni attraverso descrizioni letterarie, i situazionisti invece hanno creato delle mappe psicogeografiche senza però rappresentare, come scrive Francesco Careri, le reali traiettorie delle loro derive. Hamish Fulton e Richard Long hanno invece voluto avere un confronto diretto con il mondo dell’arte e il modo in cui essa viene rappresentata, per questo motivo hanno utilizzato, come strumento espressivo, la mappa. Percorrendo tali strade, i due artisti mostrano quanto sia diverso il loro utilizzo del corpo: il primo ritiene che il corpo sia uno strumento percettivo, il secondo invece lo considera anche uno strumento di disegno.
Per Hamish Fulton una mappa astratta rappresenta i luoghi attraversati, mentre il percorso viene tracciato con immagini e testi grafici in grado di testimoniare l’esperienza legata al camminare, con la consapevolezza di non poterla mai raggiungere attraverso la rappresentazione. Questo artista presenta nelle gallerie, come scrive Careri, i suoi percorsi attraversi attrverso una sorta di poesia geografica: frasi e segni che possono essere interpretati come cartografie che evocano la sensazione dei luoghi, le altezze altimetriche oltrepassate, i toponimi e le miglia percorse. Careri parla anche di poesie zen e di haiku giapponesi, dai quali bisogna prendere spunto per poter fissare l’immediatezza dell’esperienza e della percezione dello spazio; in questo modo vi è un reale risveglio di un hic et nunc vissuto durante il viaggio. Il camminare di Fulton non lascia nessun tipo di segno ed è noto come il moto delle nuvole: Walks are like clouds. They come and go.
In Richard Long, invece, il camminare è un’azione che va a incidersi sul luogo e proprio l’atto del disegnare una figura sul terreno permette quindi di poter rappresentare questa figura su carta. Il procedimento non si limita solo a questo, in quanto la carta può invece diventare il supporto su cui disegnare figure che è possibile percorrere in un secondo momento. Come scrive Francesco Careri, se viene disegnato un cerchio sulla mappa, lo si può percorrere al suo interno, oppure lungo i bordi, ma anche all’esterno. La cartografia diventa quindi lo strumento attraverso il quale Long riesce a progettare i propri itinerari e una determinata figura non fa altro che indicare il territorio su cui camminare.
In Walkscapes Careri aggiunge: Il camminare, oltre ad essere un’azione è anche un segno, una forma che si può sovrapporre a quelle preesistenti contemporaneamente sulla realtà e sulla carta. Il mondo diventa quindi un immenso territorio estetico, un’enorme tela su cui disegnare camminando.Il tradizionale foglio bianco non è più considerato il solo e unico mezzo di azione e rappresentazione, il supporto diventa un disegno composto di sedimenti storici e geologici dove è possibile aggiungerne ancora e ancora. Si percorrono due strade parallele: c’è il corpo del viandante che fa sue le sensazioni, i pericoli, quello che accade durante il viaggio, i cambiamenti e, allo stesso tempo, c’è il corpo in movimento che vede riflettere, su sé stesso, quella che è la struttura fisica del territorio.