– Ma sai che in questi giorni a Venaria c’è il G7?
– Ah sì? Non ne ho sentito parlare per niente!
– Ma dai, ci saranno anche delle manifestazioni in centro da parte di studenti e centri sociali…
– Sì, ma… io non ne so nulla!
Questo è quello che vi sareste potuti sentir dire durante i primi tiepidi giorni d’autunno a Torino, il capoluogo piemontese che avrebbe dovuto ospitare il G7 del Lavoro, della Scienza e dell’Industria, spostato poi presso la vicina Reggia di Venaria, appena fuori città.
Perché Venaria Reale e non Torino? Per motivi di sicurezza. Almeno secondo la versione ufficiale fornita dalla Sindaca Chiara Appendino quando le venne proposto di ospitare l’evento nella città in riva al Po, a conferma di come in questo Paese continui a essere ancora molto difficile riuscire a coniugare interesse generale e responsabilità individuale.
In riva al Po, inoltre, è situato anche il Campus ONU, una tra le tante sedi che avrebbe dovuto accogliere alcune delle sessioni di quella che è stata definita la Innovation Week Italian, ma niente da fare. Nel frattempo, sui muri e le serrande di molti negozi e bar comparivano scritte del tipo Prima Reggia, ora privée, vogliamo una Venaria flambé!
Per tutta risposta, a partire dalla mattina del 29 settembre il cliché che si è andato dispiegando sulla scena urbana al cospetto dei cittadini è stato quello di sempre, con momenti di tensione vissuti tra manifestanti e forze dell’ordine, come accaduto ad esempio durante il corteo nazionale degli studenti, che ha attraversato l’area fra corso Vittorio Emanuele e via Carlo Alberto, in pieno centro, dove alcuni dimostranti hanno cercato probabilmente di spingersi in Piazza Carlina, sede dell’NH Hotel ospitante i sette grandi della Terra, per vedersi respinti dalle cariche della polizia in assetto antisommossa.
Intanto, presso la Reggia di Venaria si andava svolgendo il G7 Lavoro e, ancora, altre iniziative venivano annunciate anche per la giornata del 30 settembre in una città, come si dice in queste occasioni, messa letteralmente sotto assedio. Nuovi cortei stavano infatti interessando anche l’area immediatamente circostante la stessa Reggia dove, tra transenne divelte e cassonetti in mezzo alla strada, si è arrivati a piazzare persino una finta ghigliottina per “giustiziare” i fantocci del segretario Pd Matteo Renzi e del Ministro del Lavoro Giuliano Poletti. E, allora, la vera domanda: era la città a essere stata messa sotto assedio o erano i cittadini a sentirsi assediati?
Tutti gli amministratori di ogni colore politico, grillini inclusi, si erano ovviamente affrettati ad auspicare sin dal primo momento proteste pacifiche. Un ossimoro insopportabile per una città che dalle rivoluzioni operaie e gli scioperi indetti a oltranza si è totalmente piegata a un politically correct che, da quando Marchionne ha messo la FIAT in condizione di diventar grande e andar via di casa, vede ormai la prima capitale dell’Italia Unita totalmente asservita alle logiche di Eataly e dei grandi gruppi finanziari, come ad esempio Intesa San Paolo, con il suo grattacielo by Renzo Piano, simbolo fallico di un techno-medioevo che vuole ostentare potenza creatrice protesa verso la trasformazione dell’intera Torino in un salotto prostrato ai suoi piedi, capace di ospitare solo eventi esclusivi, da cui a essere esclusi sono proprio i cittadini.
Insomma, si sta tornando a esser sudditi, ma con delicatezza, senza far troppo rumore, in perfetto stile sabaudo. L’acqua, intanto, impercettibilmente bolle e la rana che lentamente cuoce ha iniziato a sentir salire la temperatura della sua febbre di democrazia calpestata e, benché la pentola ancora non sia esplosa, il suo gorgoglio è più che evidente.
Ma il grande flop dell’evento è stato però sicuramente riservato alle O.G.R. (Officine Grandi Riparazioni ferroviarie), un tempo luogo di duro lavoro metalmeccanico e oggi polo museale d’arte moderna e contemporanea restaurato su finanziamento della Fondazione C.R.T. (Credito di Risparmio Torinese), in cui si sarebbero dovuti ritrovare tutti i ministri dei sette Paesi più industrializzati al mondo per assistere al Big Bang, così è stato definito il momento della grande inaugurazione che ha segnato la riapertura al pubblico delle rinnovate Officine, al cospetto di tutta la Torino “bene”. E invece niente di fatto pure in questo caso.
Saltati anche molti altri appuntamenti come le visite presso il Politecnico, la Fondazione Agnelli, nonché la cena di gala prevista presso il Castello del Valentino.
Certo, una piccola vittoria degna di Pirro, ma pur sempre una vittoria su chi avrebbe preferito chiudere il summit ingozzandosi di finger food e degustando vini di Langa, guardandosi molto bene dal condividere il banchetto con chi ha invece eroicamente trascorso tutti i sette giorni della kermesse protestando, con l’intento di poter tornare a guadagnarsi onestamente una modesta quanto dignitosa pagnotta da mettere in tavola, a pranzo e a cena, davanti alle bocche dei figli di un Paese in cui mi spiace, ma ognuno si sente ancora sin troppo in diritto-dovere di poter sostenere che io so’ io e voi non siete un cazzo.
Con buona pace e godimento di tutti quei marchesi del Grillo che nel frattempo hanno assistito allo spettacolo, appollaiati sui loro soleggiati attici affacciati, come da una galleria, sul teatro di un mondo in perenne guerra tra poveri.